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La questione giovanile non è costituita solo dalla situazione economica, nella quale intere generazioni sono emarginate dal mercato del lavoro, hanno conseguenti difficoltà a costruire relazioni e rimandano la possibilità di costruirsi una propria famiglia e un proprio futuro.

Il lato economico della questione è stato percepito in maniera crescente e per anni dall’attuale classe dirigente del Paese, senza che mai vi fosse posto rimedio, perché in realtà, la questione giovanile è molto più profonda e verte sulla mancanza di rappresentanza politica degli stessi giovani.

Le recenti proposte quali il doppio voto per  i giovani per spingere questa stantia classe politica a realizzare programmi più attenti alle tematiche giovanili sono gattopardeschi palliativi.

La risoluzione della questione giovanile necessita di un riequilibrio generazionale nella rappresentanza politica, che può avvenire ribaltando lo status-quo e  rivedendo l’età  minima dei 40 anni necessari per essere eletti al Senato della Repubblica.

Tale requisito anagrafico affonda le proprie radici nell’ottocentesco Senato subalpino di Torino e riuscì a resistere nonostante il passaggio al sistema repubblicano e le successive modifiche costituzionali, che portarono le funzioni delle due camere sempre più ad equipararsi.

Se il sistema di bicameralismo perfetto si giustifica proprio per la funzione di organo di riflessione attribuita maggiormente al Senato, la composizione dello stesso dovrebbe essere limitata agli eletti di età inferiore ai 40 anni. La realizzazione del Senato della Repubblica dei Giovani Italiani avrebbe un ruolo di garanzia, di tutela e di speranza nei confronti delle nuove generazioni, che sarebbero chiamate anche all’assumersi le responsabilità della riscrittura del Patto Sociale in chiave generazionale.