Francesca Piccinini

Francesca Piccinini

Conclusa la XXX edizione delle Olimpiadi, dopo due settimane di intense emozioni, dovremmo saper trarre alcuni insegnamenti.
Le immagini di questi giovani atleti di tutte le nazioni, ci ricordano che è ancora possibile, nonostante il perdurare di una troppo lunga ed intensa recessione economica, costruire una società aperta che va oltre i confini delle singole nazioni.
Gli abbracci sul podio tra le atlete statunitensi e russe al termine della gara di salto in alto, gli allenamenti in spazi condivisi tra i palestinesi e gli israeliani (solo per citare alcuni dei tanti, tantissimi esempi) non rappresentano le Olimpiadi del trionfo del nazionalismo (come descritte da qualcuno), ma verranno ricordate per il trionfo delle diversità culturali che non solo coabitano, ma che si intrecciano e si fondono.
Non poteva che essere Londra a far da sfondo a questa festa: con 193 lingue parlate ed il 28% delle minoranze etniche sul totale della popolazione era e rimane la città palcoscenico più ospitale, non solo per i partecipanti di pochi giorni dell’evento ma, grazie alle sue qualità di territorio attrattivo e ingaggiante, anche per chi decide di viverla e di contribuire con la propria creatività rendendola la capitale del mondo, crocevia della nostra storia.
Queste Olimpiadi sono un evento storico, realizzato grazie alle migliaia di volontari che accoglievano con sorrisi i pellegrini dello sport, a ricordarci di quanto sia necessaria la partecipazione e la mobilitazione dei singoli per costruire grandi progetti.
Una Europa che supera il proprio lato economico e recupera le proprie e condivise radici culturali diventa prima nel medagliere olimpico, con l’intrinseco significato di quanto i cittadini europei potrebbero guadagnare da una effettiva unione politica.
Gli atleti, con le loro aspirazioni, i sogni, ma anche la capacità di ammettere i propri errori, di cadere e di rialzarsi si riaffermano come modelli positivi per le generazioni più giovani, troppo abituate alle immagini patinate di fittizi reality televisivi. Lo sport esprime pienamente il proprio valore sociale.
Nell’evento di chiusura delle Olimpiadi, viene richiamato Winston Churchill del quale molto spesso abbiamo sentito citate le famose parole “lacrime e sangue”. Questi atleti, che si sono sfidati dopo anni intensi di duro allenamento, ci ricordano anche le altre parole che compongono quella che era in origine ” sangue, fatica, lacrime e sudore”. Senza “fatica e sudore” non sono sufficienti “lacrime e sangue” per quel cambio culturale necessario per raggiungere gli obiettivi auspicati dal e per il nostro Paese

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