PETIZIONE

DEI FABBRICANTI DI CANDELE, CERI, LAMPADE, CANDELIERI, LAMPIONI, SMOCCOLATOI, SPEGNITOI; E DEI PRODUTTORI DI SEGO, OLIO, RESINA, ALCOOL ED IN GENERALE DI TUTTO CIÒ CHE CONCERNE L’ILLUMINAZIONE.

(Sophisme èconomiques, I, 1845)
Ai signori membri della Camera dei Deputati

Signori, Voi siete sulla buona strada. Voi rigettate le teorie astratte; l’abbondanza, il basso prezzo vi toccano ben poco. Voi vi preoccupate soprattutto delle sorti del fabbricante. Voi volete liberarlo dalla concorrenza esterna; in una parola, voi volete riservare il mercato nazionale al lavoro nazionale. Noi vi offriamo una eccezionale occasione per applicare, come si potrebbe dire, la vostra… teoria? No, nulla è più ingannevole delle teorie; la vostra… dottrina? il vostro sistema? il vostro principio? Ma voi non amate le dottrine, voi avete orrore dei sistemi, e, per ciò che riguarda i principi, voi dichiarate che non ve ne sono nella economia “sociale”; noi diremo dunque la vostra prassi, la vostra pratica senza teoria e senza principi. Noi subiamo l’intollerabile concorrenza di un rivale straniero posto, a quanto sembra, in condizioni talmente superiori alle nostre, per la produzione della luce, che inonda il nostro mercato nazionale ad un prezzo favolosamente ridotto; perché, fintantoché si fa vedere, le nostre vendite cessano, tutti i consumatori si rivolgono a lui, e una parte di industria francese, le cui ramificazioni sono infinite, è improvvisamente colpita da una completa stagnazione. Questo rivale, che altri non è che il sole, ci fa una guerra così accanita, che noi sospettiamo che alle spalle esso abbia la perfida Albione (buona diplomazia per i tempi che corrono!), tanto più che per quella isola orgogliosa noi abbiamo dei riguardi dei quali essa si esime bene nei nostri confronti. Noi domandiamo che vi piaccia approvare una legge che ordini la chiusura di tutte le finestre, lucerne, tramogge, puntelli, persiane, tende, imposte, occhi di bue, tapparelle, in una parola, di tutte le aperture, buchi, crepe e fessure attraverso le quali la luce del sole ha uso di penetrare nelle case, con danno delle belle industrie delle quali noi siamo orgogliosi di aver dotato il paese, che non possono senza ingratitudine essere abbandonate oggi ad una lotta così diseguale. Non vogliate, signori Deputati, prendere la nostra domanda per uno scherzo, e non rigettatela senza ascoltare le ragioni che noi possiamo far valere a suo favore. Per primo, se voi, per quanto sarà possibile, chiuderete gli accessi alla luce naturale, creando così il bisogno della luce artificiale, quale sarà in Francia l’industria che non sarà a poco a poco incoraggiata? Se si consumerà più sego, saranno necessari più buoi e più pecore; di seguito, si vedranno moltiplicarsi i prati artificiali, la carne, la lana, il cuoio, e soprattutto i concimi, questa base di tutta la ricchezza agricola. Se si consumerà più olio, si vedrà estendersi la coltura del papavero, dell’olivo, della colza. Queste piante ricche e bisognose di nutrimento saranno a proposito per mettere a profitto questa fertilità che l’allevamento del bestiame avrà trasmesso al nostro territorio. Le nostre campagne si copriranno di alberi resinosi. Numerosi sciami di api raccoglieranno sulle nostre montagne dei tesori profumati che oggi evaporano senza utilità, come i fiori dai quali si alzano. Non è dunque solo una parte dell’agricoltura che prenderà un grande sviluppo. Lo stesso sarà per la navigazione: migliaia di navi andranno alla pesca della balena, e in poco tempo noi avremo una marina capace di sostenere l’onore della Francia e di rispondere alla sensibilità patriottica dei sottoscritti richiedenti, commercianti di candele, ecc. E che cosa diremo dell’articolo Parigi? Guardate le dorature, i bronzi, i cristalli, nei candelieri, nelle lampade, nei lampadari, nei candelabri, tutti brillare in magazzini spaziosi, nei cui confronti quelli di oggi non sono che negozietti. Non sono solo il povero raccoglitore di resina, in cima alla sua duna, né solo il triste minatore, in fondo alla sua nera galleria, che vedranno aumentare il loro salario ed il loro benessere. Vogliate rifletterci, signori ; e vi convincerete che non vi è forse un solo Francese, dall’opulento proprietario di Anzin fino al più umile negoziante di fiammiferi, la cui condizione non sarà migliorata dal successo della nostra petizione. Possiamo prevedere le vostre obiezioni, signori; ma voi non potrete impiegarne nessuna che non sia ben scritta entro i libri adottati dai partigiani della libertà dei commerci. Noi osiamo, noi vi sfidiamo ad impiegare contro di noi una sola parola che non si rigiri istantaneamente contro voi stessi e contro i principi che guidano tutta la vostra politica. Ci direte forse che, se noi abbiamo da guadagnare da questa protezione, la Francia non ci guadagnerà nulla, perché il consumatore ne pagherà le spese? E noi vi risponderemo : voi non avete più il diritto di invocare gli interessi del consumatore. Quando il consumatore si è trovato alle prese con i produttori, voi lo avete sacrificato in tutte le circostanze. Voi l’avete fatto per incoraggiare il lavoro, per allargare il lavoro. Per lo stesso motivo, dovete farlo adesso. Voi stessi siete stati di fronte all’obiezione. Quando vi si diceva: il consumatore è interessato alla libera introduzione del ferro, del carbone, del sesamo, del frumento, dei tessuti – dicevate: si, ma il produttore è interessato alla loro esclusione. Ebbene, se i consumatori sono interessati alla liberalizzazione della luce naturale, i produttori lo sono al suo divieto. Ma, direte ancora, il produttore ed il consumatore non sono che uno. Se il fabbricante guadagna per mezzo della protezione, farà guadagnare l’agricoltore. Se l’agricoltura prospera, aprirà degli sbocchi alle fabbriche. Ebbene, se voi ci conferite il monopolio della illuminazione durante il giorno, subito noi compreremo molto sego, molto carbone, olio, resina, cera, alcool, argento, ferro, bronzo, cristalli, per alitare la nostra industria; di più, noi ed i nostri numerosi fornitori, divenuti ricchi, noi consumeremo di più e spargeremo il benessere in tutti i campi del lavoro nazionale. Direte forse che la luce del sole è una cosa gratuita e che rigettare le cose gratuite sarebbe come rigettare la stessa ricchezza sotto il pretesto di incoraggiare i mezzi per acquisirla? Ma state attenti, perché conducete la morte nel cuore della vostra politica; state attenti perché fino ad oggi avete sempre respinto il prodotto straniero perché è quasi gratuito, e tanto più quanto più avvicina alla gratuità. Per soddisfare le esigenze degli altri monopolisti, voi non avevate che una mezza ragione; per accogliere la nostra domanda, voi avete una ragione completa; e respingere la nostra richiesta fondandosi proprio su questo, che essa è più fondata delle altre, sarebbe come porre l’equazione + x + = -; in altri termini, sarebbe accumulare assurdità su assurdità. Il lavoro e la natura concorrono in proporzioni differenti, secondo il paese ed il clima, alla creazione di un prodotto. La parte che ci mette la natura è sempre gratuita; è la parte del lavoro che la fa valere e che si paga. Se una arancia di Lisbona si vende a metà prezzo di una arancia di Parigi, ciò è dovuto ad un calore naturale, perciò gratuito, a disposizione dell’una, mentre l’altra impiega un calore artificiale, perciò costoso. Perciò, quando una arancia ci arriva dal Portogallo, si può dire che ci è data metà gratuitamente e metà onerosamente; o, in altri termini, a metà prezzo relativamente a Parigi. Ora, è precisamente su questa semi-gratuità (chiedo perdono per il termine) che argomentate per escludere quella arancia. Voi dite: come potrebbe il lavoro nazionale sostenere la concorrenza del lavoro straniero quando il primo deve fare tutto, ed il secondo solo la metà, perché il sole si incarica del resto? Ma se la semi-gratuità vi spinge a rigettare la concorrenza, come la gratuità intiera può spingervi ad ammettere la concorrenza? O non siete coerenti, o voi dovete, rigettando la semi-gratuità come nociva al nostro lavoro nazionale, rigettare a fortori e con doppio zelo la gratuità intiera. Ancora una volta, quando un prodotto, carbone, ferro, frumento o tessuto, ci viene dall’estero, dove noi possiamo acquistarlo con meno lavoro che se lo fabbricassimo noi, la differenza è un regalo che ci viene fatto. Questo dono è più o meno considerevole a seconda se la differenza è più o meno grande. E’ di un quarto, della metà, dei tre quarti del valore del prodotto, se lo straniero ci chiede i tre quarti, o la metà o un quarto del prezzo. E’ un regalo davvero totale, come quando chi lo fa, come fa il sole con la luce, non chiede nulla in cambio. La questione, noi la poniamo formalmente, è sapere se voi volete per la Francia il beneficio di un consumo gratuito o i pretesi vantaggi di una produzione costosa. Scegliete, ma siate coerenti; perché, nello stesso tempo nel quale rigettate, come fate, il carbone, il ferro, il frumento, i tessuti esteri, e li rigettate proporzionalmente a che il loro prezzo diminuisce, quale incoerenza non sarebbe quella di liberalizzare la luce del sole, il cui prezzo è zero, durante tutto il giorno? Frédéric Bastiat

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