Riannodare i fili della politica nel mezzo di questa estate che è appena diventata elettorale non è semplice, è come una partita di poker con bluff, puntate, mosse e contromosse.  Per capirla occorre conoscere le regole, sapere se nel  mazzo ci sono tutte le carte, i profili dei giocatori, i cui movimenti sono interdipendenti. Partiamo con ordine, mantenendo l’attenzione sull’area politica chiave che determinerà l’esito delle prossime elezioni politiche: l’area centrista liberale, riformista e moderata.

Nel corso degli ultimi due anni si è avviato un processo di ricongiungimento delle diverse anime liberali a Bruxelles, tanto che alla vigilia delle elezioni europee del 2019 Guy Verhofstadt annunciò lo scioglimento del gruppo dei liberali dell’ALDE di cui era presidente. Questo passaggio è stato necessario per costruzione con gli europarlamentari di Macron di un nuovo gruppo liberale e centrista chiamato Renew Europe, che è numericamente il terzo per importanza, dopo il Partito Popolare Europeo e dopo quello dei Socialisti e Democratici, e la cui componente italiana presenta attualmente oltre a Italia Viva e Azione anche +Europa.

Il risultato delle elezioni del 2019 porta al Parlamento Europeo un’importante pattuglia liberale di diversi paesi tra cui due figure chiave del Governo Renzi. Il primo è Carlo Calenda ex ministro dello Sviluppo Economico che viene eletto con la lista Siamo Europei in abbinata al Partito Democratico. Il secondo è Sandro Gozi, ex sottosegretario per gli affari europei, candidato in Francia nella lista transnazionale Renaissance fortemente voluta da Emmanuel Macron, ed entra al parlamento europeo solo a febbraio 2020 prendendo il posto degli eurodeputati britannici post-Brexit.

Mentre Carlo Calenda segue lo stesso percorso del Partito Democratico  iscrivendosi al gruppo parlamentare dei Socialisti e Democratici, Sandro Gozi si iscrive al gruppo dei liberali di Renew Europe, dove era già approdato anche l’europarlamentare Nicola Danti a seguito della scissione di Italia Viva dal Partito Democratico. Occorre infatti ricordare che al progetto Renew Europe ha contribuito fortemente Matteo Renzi con l’obiettivo di costruire “un grande gruppo europeo, filoeuropeo, che rifiuti il populismo di destra e il populismo dell’estrema sinistra”.

Con le elezioni del Comune di Roma di ottobre 2021 riemergono le ambizioni degli individui: Carlo Calenda ottiene un ottimo risultato candidandosi a Sindaco con una lista unica che aggrega sia i sostenitori del suo partito Azione sia i renziani di Italia Viva e si intesta lo spazio politico centrista, ma lo scenario sta per mutare.

A novembre 2021, Enrico Letta è segretario del Partito Democratico da qualche mese e in previsione della scadenza naturale del Parlamento della  primavera 2023, comincia a elaborare un campo largo che possa beneficiare del premio di governabilità dato dai collegi uninominali della legge elettorale.  Con l’idea dell’Ulivo del ’95-’96 e dell’Unione  del 2006, ipotizza questa coalizione molto ampia che possa includere sia i partiti di sinistra, sia il Movimento Cinque Stelle sia i partiti di Carlo Calenda e di Matteo Renzi.

Come prima mossa, Enrico Letta invita nel gruppo europarlamentare dei Socialisti e Democratici il Movimento Cinque Stelle, suscitando l’immediata reazione contraria di Carlo Calenda che lo considera “un tradimento del mandato degli elettori” e chiede l’adesione al gruppo Renew Europe, al terzo polo europeo.

Matteo Renzi, come segretario di Italia Viva non usa il diritto di veto  acquisito come partito già affiliato a Renew Europe, ma anzi accoglie Carlo Calenda con l’obiettivo di costruire un gruppo liberale ed antipopulista europeo anche in Italia. “È un disegno – spiegò Renzi- al quale stiamo lavorando da tempo anche in Italia: porte aperte, non abbiamo alcun tipo di preclusione”.

Arriviamo quindi all’estate 2022 che non è ancora diventata elettorale.

Carlo Calenda, segretario di Azione, Benedetto della Vedova, segretario di +Europa e Giuseppe Benedetto, presidente della Fondazione Luigi Einaudi e altre persone di spicco dell’area liberale danno vita al “Comitato di garanzia dei liberali, democratici, repubblicani europei”: un laboratorio che ha permesso di raccogliere ed organizzare proposte ed idee per costruire una forza indipendente da sinistra o destra.  Il Terzo Polo versione Calenda è nella sua fase embrionale, ma il venir meno della fiducia dei Cinque Stelle al Governo Draghi, lo scioglimento delle Camere e le elezioni repentine cambiano la prospettiva.

Mentre Matteo Renzi chiarisce fin da subito che si presenterà alle elezioni come terzopolista indipendente da destra e da sinistra e gode di un sostegno granitico del suo partito, inizia il calvario di Carlo Calenda che si trova ad una rotatoria nella quale gira su stesso prima di prendere una delle tre uscite: coalizzarsi con Renzi, con Letta o con sé stesso.

Questa scelta di Calenda è condizionata da una necessità, ovvero nel caso in cui decidesse di presentare il proprio partito da solo dovrebbe raccogliere le firme a sostegno delle proprie liste elettorali con il rischio di non riuscirci date le scadenze elettorali.

È a questo punto che al tavolo del nostro immaginario gioco del poker compare l’unica giocatrice: Emma Bonino, già ministro degli Esteri con il Governo Letta ma non riconfermata dal successivo Governo Renzi, nonché leader di +Europa, partito esentato dalla raccolta firme.  Viene stretto un accordo più o meno tacito da Carlo Calenda con Emma Bonino che gli lascia l’utilizzo del simbolo +Europa solo nel caso di alleanza con il Partito Democratico e quindi di evitare la raccolta firme, escludendo categoricamente l’eventuale coalizione con Matteo Renzi.

Nel frattempo Enrico Letta persegue il suo piano del campo largo con fredda precisione: negoziare su tavoli separati per costruire una coalizione che ha il solo fine di ottimizzare il numero di potenzialmente eletti nei collegi uninominali.

Carlo Calenda, spinto da Emma Bonino, decide di abbandonare il progetto del Terzo Polo ed il lavoro svolto con Fondazione Einaudi per sottoscrivere un generoso accordo bilaterale con il Partito Democratico che in effetti gli garantisce un buon numero di collegi uninominali, ma poche garanzie suoi contenuti. Nel brevissimo, con la  definizione e ridefinizione di altri accordi bilaterali, la coalizione di sinistra, senza un programma comune, senza un leader, senza un progetto di Governo si trasforma presto in una litigiosa macchina da guerra con l’unica bandiera perdente del “altrimenti arrivano le destre”.

E arriviamo ad oggi: ad un settimana dalla presentazione dei simboli e delle alleanze, Carlo Calenda ammette l’ingenuità nell’aver sottoscritto quell’accordo blando nei contenuti, lo rinnega, perde la disponibilità del simbolo di +Europa da parte di Emma Bonino, che rimane nell’alleanza del Partito Democratico e torna alla rotatoria iniziale.

Ora si presenta l’opportunità straordinaria: la positiva esperienza europea può trovare la sua naturale proiezione anche in Italia e aprire ad un futuro riformista anche nel nostro Paese con Matteo Renzi e Carlo Calenda, insieme come in Europa per riavere in Italia dopo 30 anni un movimento autenticamente liberale e riformista.

In questi anni Renew Europe si è rivelata la più grande innovazione della politica europea perché ha spezzato lo storico duopolio PPE / S&D liberando i socialisti dal conservatorismo dei popolari e ha permesso a questa legislatura europea di raggiungere risultati storici, fino al Next Generation EU e ora alla proposta di revisione dei Trattati.

La nascita in Italia di un Terzo Polo di stampo liberale e riformista come in Europa che si presenta con una chiara proposta politica su tasse, lavoro, infrastrutture, energia e diritti, che si rifà al metodo non ideologico dell‘Agenda Draghi e con una chiara direzione di marcia, può diventare in poco tempo il punto di riferimento per quell’elettorato disilluso che si vuole sentire ingaggiato e coinvolto nella ricostruzione civile dell’Italia.

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